Un nostro articolo uscito oggi sull'Unità, a proposito dell'incendio del locale romano "Coming Out" e di omofobia. E' uscito senza le nostre firme per solidarietà con l'Unità.

Un nostro articolo uscito oggi sull’Unità, a proposito dell’incendio del locale romano “Coming Out” e di omofobia. E’ uscito senza le nostre firme per solidarietà con l’Unità.

SE COMINCIA LA CACCIA AI GAY
Un locale incendiato, un bambino picchiato e deriso: il punto in comune di queste due vicende è il tentativo di colpire la dignità delle persone, il loro desiderio di essere se stessi...  

di Andrea Benedino e Anna Paola Concia

Il vento dell’intolleranza e dell’omofobia, il vento della paura e della discriminazione continua a soffiare. A Roma l’altra notte il Coming Out, storico locale punto di ritrovo della comunità omosessuale romana e locale di punta della Gay Street capitolina, è stato incendiato e tutto lascia pensare che dietro questo gesto si nascondano motivazioni dolose. Ha tragicamente ragione chi sostiene che se fossero stati colpiti luoghi simbolici di altre minoranze sociali o religiose, ben altre sarebbero state le reazioni di condanna in questo paese. Sembra, infatti, che colpire gli omosessuali sia una forma di discriminazione e di violenza meno grave delle altre, quasi socialmente accettabile.

A Torino Andrea, un bambino di 12 anni, ha denunciato di essere stato aggredito, insultato e preso a botte da un gruppo di bulli. Dice Andrea: «Ce l’avevano col fatto che ballo. E che non è una cosa da uomini veri. Mi hanno preso in giro tante volte per la danza. Non soltanto quei due, ma anche dei ragazzi più grandi. Lo scorso anno mi hanno addirittura fatto mettere la testa dentro a un gabinetto».

La vicenda del piccolo Andrea ricorda molto quella di Matteo, il ragazzino di 16 anni suicidatosi meno di un anno fa sempre a Torino perché i suoi compagni lo consideravano omosessuale. Andrea ha saputo reagire, ha denunciato i suoi aggressori con l’aiuto dei genitori, dimostrando coraggio e dignità. Ancora tanti, troppi sono gli adolescenti colpiti dai fenomeni di bullismo nelle scuole, la gran parte dei quali passa sotto silenzio per la paura di denunciare, per la vergogna delle vittime.

Un locale incendiato, un bambino picchiato e deriso: il punto in comune di queste due vicende è il tentativo, appunto, di colpire la dignità delle persone, il loro desiderio di essere se stessi. Il coraggio della normalità che risiede nel poter uscire la sera per frequentare un locale rivolto alla comunità omosessuale, o nel perseguire la passione per la danza in un bambino, nonostante i luoghi comuni e le prese in giro dei compagni di scuola.

Quando si mettono in atto violenze e discriminazioni di tal genere, ad essere colpito è soprattutto il diritto di ciascuno alla propria dignità, il diritto alla felicità. Lo diceva sabato scorso Walter Veltroni nel suo intervento a Roma: «Esiste nel nostro Paese un problema di libertà con riferimento a quello che la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti chiama "diritto alla ricerca della felicità": il diritto di ciascuno a perseguire liberamente il proprio disegno di vita, compatibilmente con l’eguale diritto altrui». Ed aggiungeva: «Questa è la società che vogliamo. Una società aperta, fondata sulla libertà e la responsabilità. Una società che considera le differenze una ricchezza, rispetta le scelte di ognuno e si oppone a qualunque forma di discriminazione e di intolleranza e ai fenomeni di risorgente omofobia. Una società capace di riconoscere i diritti delle persone che si amano e convivono». Questa è la società in cui noi vorremmo vivere e che vorremmo costruire. Quella società che vorremmo lasciare ai tanti ragazzi e alle tante ragazze omosessuali che oggi nel nostro paese hanno sempre più paura. Noi la paura l’abbiamo conosciuta. La paura di essere «diverso». È qualcosa di difficile da scrollarsi di dosso. E l’unico modo per superarla è la costruzione dell’accettazione sociale dell’omosessualità. Si fa attraverso le leggi, ma anche attraverso una cultura dell’inclusione che si deve diffondere ovunque, in tutti i luoghi. Sono tanti i modi per farlo. Sono anni che il «Coming out», famoso locale romano incendiato stanotte, lavora in questa direzione, grazie alla grande passione civile delle sue proprietarie, Annalisa e Monica. Un altro mondo "difficile" in cui l’omosessualità è un tabù e l’omofobia è diffusissima, è il mondo dello sport. Non è un caso: l’omosessualità è molto diffusa tra gli atleti e le atlete. Ma essendo lo sport (e il calcio in particolare) il tempio del machismo il tentativo di soffocarla è ancora più forte. È di ieri la notizia che Theo Zwanziger, presidente della Federcalcio tedesca, abbia rivolto un appello ai calciatori omosessuali tedeschi a fare coming out, cioè a dichiarare pubblicamente la propria omosessualità. Anche in questo mondo c’è bisogno di tanta cultura del rispetto. E per questo a Roma la settimana prossima ci sarà una iniziativa storica. Si terrà l’assemblea annuale della European Gay and Lesbian Sport Federation. La Federazione europea degli sportivi omosessuali. Arriveranno sportivi e sportive da 20 paesi europei. L’assemblea è stata organizzata dall’Agensport della Regione Lazio, da Arcigay Roma e dal Gruppo Pesce di Roma. Questa Federazione vuole, attraverso lo sport, lottare contro l’omofobia e contro ogni discriminazione nei confronti degli omossesuali. Per l’Italia e per Roma è una grande occasione per dimostrare che anche noi siamo un paese moderno, civile e amorevole. Il locale «Coming out» è uno sponsor di questa iniziativa. Ad Annalisa e Monica, a tutti i romani, a tutti gli italiani diciamo: ripartiamo da qui, da piccoli grandi gesti di civiltà.

Portavoci Nazionali Tavolo Lesbiche e Gay del Pd

Paola Concia

Paola Concia

Abruzzese di nascita, mi sono laureata presso La Facoltà di Scienze Motorie de L'Aquila. Il mio impegno in politica ha avuto inizio negli anni ottanta nel Partito Comunista Italiano, poi nei Democratici di Sinistra e in seguito nel Pd, di cui attualmente sono membro della Direzione Nazionale.

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