Oggi su L'Unità l'articolo che ho scritto con Andrea Benedino: "Festa di Genova. Cala il silenzio su gay e lesbiche".

Oggi su L’Unità l’articolo che ho scritto con Andrea Benedino: “Festa di Genova. Cala il silenzio su gay e lesbiche”.

Per anni, prima nei DS e più recentemente nel PD, ci abbiamo pensato noi. Ogni anno, in occasione delle Feste Nazionali abbiamo organizzato dibattiti e assemblee per costringere il nostro partito a confrontarsi con le tematiche lgbt, con le nostre battaglie e le nostre speranze. Per anni abbiamo supplicato, con alterne fortune, i più autorevoli dirigenti nazionali a intervenire in questi momenti e in alcuni casi le Feste sono state un importante momento per lanciare iniziative e proposte politiche.
Per questa volta non abbiamo voluto occuparcene. Così, per vedere l’effetto che fa, come direbbe Jannacci. Perché, infatti, dobbiamo essere sempre noi attraverso i nostri corpi a ricordare al nostro partito l’esistenza degli omosessuali? Il risultato l’abbiamo letto nel programma ufficiale della Festa ed è, molto semplicemente, che non ci ha pensato nessuno e le tematiche lgbt risultano totalmente assenti dalla Festa Democratica Nazionale di Genova.
E dire che la scelta di Genova come sede per la Festa ci induceva ad un cauto ottimismo. Proprio questa città, infatti, è stata sede lo scorso 27 giugno di un imponente Pride Nazionale che ha saputo conquistare l’intera città e che ha visto sfilare centinaia di migliaia di persone, consentendo a Genova, peraltro, di rimarginare le ferite del G8 del 2001. Già solo questo fatto avrebbe meritato l’onore di un dibattito ufficiale e sarebbe stata un’occasione fruttuosa di confronto con un movimento lgbt che, per quanto distinto e distante dai partiti, non per questo non merita di essere riconosciuto come interlocutore autorevole della politica.
E invece nulla, solo un impenetrabile muro di silenzio e di imbarazzi. Quasi fossimo di fronte a un processo di rimozione collettiva di questioni scomode, difficili, che è bene non discutere e affrontare. Temi come la lotta contro l’omofobia, i diritti delle coppie gay, l’omogenitorialità non possono essere delegati in via esclusiva ai diretti interessati, ma devono necessariamente, a parer nostro, investire tutto il partito. Lo stesso tema della “laicità”, urlato a gran voce da tutti i candidati segretari per far scattare gli applausi alle assemblee, non può essere relegato in un unico, seppur meritevole, tra gli innumerevoli dibattiti della Festa.
In tutti i partiti progressisti del mondo (e sovente anche in molti partiti conservatori) questi temi sono situati al centro della proposta politica, come il simbolo più evidente dell’apertura verso la modernità e il futuro. Nel Partito Democratico italiano no. Noi, che pure siamo collocati su fronti diversi nel prossimo congresso, su questo siamo concordi: questo silenzio non può più essere tollerato, anche se purtroppo rischia di darci la misura del dibattito congressuale che ci attende.

Andrea Benedino e Anna Paola Concia

Paola Concia

Paola Concia

Abruzzese di nascita, mi sono laureata presso La Facoltà di Scienze Motorie de L'Aquila. Il mio impegno in politica ha avuto inizio negli anni ottanta nel Partito Comunista Italiano, poi nei Democratici di Sinistra e in seguito nel Pd, di cui attualmente sono membro della Direzione Nazionale.

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