Il mio intervento in Aula sulla legge contro lo stalking

Il mio intervento in Aula sulla legge contro lo stalking

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Onorevole Presidente, Ministro, Colleghe e colleghi,
per prima cosa intendo raccontare la verità sull'atteggiamento della maggioranza, che in Commissione Giustizia ha – dapprima – favorito la formazione di un comitato ristretto per la definizione di un testo base condiviso e – subito dopo – con presunzione di autosufficienza ha imposto come UN NUOVO TESTO BASE presentato dal governo e dal Ministro per le pari opportunità.
Cara ministra lei lo sa che questa non è la sua legge: se non fosse stato per il Ministro Pollastrini in Italia non si saprebbe neanche cosa vuol dire stalking.
QUINDI sappiamo bene che è necessario nel nostro paese introdurre finalmente la fattispecie di reato di stalking. Per contrastarlo nelle aule giudiziarie come prima cosa.
Ma la nostra legge era diversa. PIU’ COMPLETA, PERCHE’ affrontava il problema su più piani. COME MERITANO reati come questi., SUI QUALI SI GIOCA la civiltà di un paese.
Quello che oggi viene al nostro esame, oggi invece, è un insieme di norme di diritto penale, sostanziale e processuale, che hanno come unica finalità la punizione del colpevole di “molestie insistenti”. Manca ogni accenno alla introduzione di studi statistici del fenomeno, che servono a calibrare le necessarie politiche di prevenzione. E soprattutto mancano azioni positive che possano incidere sulla causa del problema stalking. Questa legge, così com'è, seppur già migliorata da alcuni emendamenti da noi proposti in commissione, si limita alla repressione e, quindi, a colpire l'effetto del fenomeno senza andare alla radice.
Il testo che oggi arriva in Aula rispecchia l'approccio di questo governo sui temi sociali: punire, perseguire penalmente il responsabile del reato, senza alcuna attenzione alla prevenzione, senza alcun riguardo alla causa, senza entrare nel merito di cosa spinga alcuni essere umani a prevaricarne altri.
Ma questo è l'approccio che questa maggioranza sta seguendo anche per la revisione della legge sulla violenza sessuale, come anche sulla proposta di legge sulla prostituzione.
Anche lì, repressione, repressione ed ancora repressione e nulla più. L'idea che sottende all'azione legislativa della maggioranza è che la responsabilità delle azioni criminose sia esclusivamente del reo. Sembra, a seguire i ragionamenti di questa maggioranza, che la società non abbia alcuna responsabilità nella produzione della violenza. Sappiamo benissimo che non è così
A che servono, mi chiedo, gli studi finanziati dall'Europa, come – per esempio – il progetto DAPHNE sullo stalking, se non ad indicare la necessità di andare OLTRE la sanzione penale. PER conoscere il fenomeno, studiarlo per mirare a risolverlo.
Non dobbiamo pensare la legislazione contro lo stalking solo come un’atto “riparativo” dei torti subiti. Non dobbiamo, con questa legge, dimostrare e offrire solo compassione verso le donne offese perseguitate violentate, perché la compassione è improduttiva, non sposterà di un’unità il conto delle vittime. Ci vuole un altro approccio Si può combattere lo stalking solo costruendo il diritto di cittadinanza paritaria delle donne. E non è con la compassione che si ottiene il diritto di esistere.
Insisto occorre sempre agire su piu piani, OLTRE ALLA SANZIONE PENALE:
1) la formazione del personale medico, di pubblica sicurezza e di assistenti sociali dedicati. A questo proposito: credete davvero che per contrastare lo stalking possa bastare la “task force” di 11 - dico undici – carabinieri annunciata venerdì scorso dal ministro Carfagna? Sempre su questo piano numeri i verdi dedicati, ma perché no assistenza psicologica anche agli uomini?
2) Occorrerà con la stessa determinazione agire sulla educazione della cittadinanza, lavorare sulla idea di società in cui vogliamo che i nostri figli crescano, una società dove rispetto dell'altro ed inclusione siano i primi due comandamenti. E allora, una legge come questa in discussione oggi, non può non andare alla fonte del problema: la difficoltà maschile di accettare la libertà femminile, la difficoltà tutta maschile di riconoscere nella donna un interlocutore paritario, non oggetto ma soggetto di diritti. Detentrice anche del diritto di negarsi. Di rifiutare attenzioni non gradite.
Si tratta quindi di un problema che attiene alle relazioni tra le donne e gli uomini nella nostra società. Al ruolo delle donne nella nostra società.
Certo, non si può negare che esistano casi di molestie insistenti commesse da donne nei confronti di uomini. Ma si tratta di un fenomeno del tutto residuale, essendo per lo più gli uomini, i maschi, i protagonisti attivi dello stalking. I dati ISTAT dicono chiaramente che l'80% delle vittime di stalking sono donne. È questo il dato che ci deve fare riflettere più di altri.
Oltre agli strumenti repressivi il legislatore ha il dovere di individuare gli strumenti educativi e di promozione di una cultura di parità tra gli uomini e le donne, prevedendo apposite materie nei cicli scolastici da una parte e FORTI politiche di promozione delle donne nella vita pubblica. SI STA FACENDO QUESTO? CREDO DI NO.
Occorre educare i cittadini, sin dall'età scolastica e per tutto il percorso formativo, al rispetto per le donne. Prendiamo esempio dalla Spagna, dove la materia della educazione alla cittadinanza, intesa anche come rispetto alla diversità, fa parte dei programmi scolastici.
E sempre in Spagna nello stessa nella legge contro la violenza, sono previste agevolazioni anche finanziarie per le donne oggetto di violenza, facilitazioni sul lavoro per aiutare le vittime anche dal punto di vista economico.
Il progetto di legge licenziato dalla Commissione Giustizia non prevede nulla di tutto ciò. Nulla.
I nostri emendamenti, hanno esattamente questa finalità: migliorare la portata di questa legge, al fine di attribuirle un maggior crisma di modernità e di efficacia di intervento, in modo tale che non solo si reprimano i colpevoli ma si contribuisca a rinnovare l'idea stessa di società.
Colleghi e colleghe della maggioranza, valutate se il vostro modo di affrontare i problemi tenga effettivamente conto di quello che ci circonda e non solo della vostra visione delle cose. Provate, per una volta, ad immedesimarvi nelle persone che le vostre scelte legislative mirano ad aiutare. Provate a dare loro un sostegno concreto, che possa andare al di là dell' approccio “law and order”, legge ed ordine. Che produce solo sicurezza effimera. Mette al riparo la coscienza del legislatore ma lascia la società priva di interventi strutturali, senza risolvere il problema alla radice e limitandosi ad operazioni di facciata.
Infine, mi rivolgo soprattutto a lei Ministra Carfagna e alle mie colleghe di Centro Destra e di Centro Sinistra.
Nel luglio scorso Ministro, lei lo ricorderà, fui una di coloro che la difese dagli insulti di Sabina Guzzanti a Piazza Navona.
L’ho fatto per una ragione semplice: è tutta la vita che mi batto contro l’immagine stereotipata delle donne nel nostro paese. L’ho fatto e lo rifarei con qualsiasi altra donna sottoposta alla gogna della misoginia, DEL COMMENTO PESANTE E SESSISTA, sia maschile che femminile.
Proprio per questo in chiusura al mio intervento oggi sulla legge contro lo stalking che stiamo discutendo e che mi auguro approveremo nei prossimi giorni, vorrei sottoporre a lei e alle mie colleghe alcune riflessioni ed un impegno comune.
Ricordiamo: nel 1954 è stato abolito lo “jus corrigendi”, cioè il diritto del marito ad esercitare il potere correttivo nei confronti di sua moglie. Potere correttivo che comprendeva anche la coazione fisica, in sostanza botte e maltrattamenti. E lo jus corrigendi era permesso nonostante che un’articolo della Costituzione avesse sancito da tempo l’uguaglianza, l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi.
Fino al 1975 i mariti italiani non hanno avuto più diritto di leggere la posta della moglie,
E ancora: la riduzione di pena per il delitto d’onore, è stato abolito solo nel 1981
Non sono passati moltissimi anni, ma visto con gli occhi delle donne della nostra generazione sembra un secolo fa.
Sono cambiate moltissime cose nella vita delle donne italiane, grazie alle donne che prima di noi hanno compiuto una rivoluzione non violenta.
Noi, siamo portatrici di un grandissimo patrimonio. Le donne che ci hanno preceduto ci hanno lasciato una grande eredità e un grande compito: quello di capovolgere l’immagine sociale delle donne come vittime e soggetti deboli da proteggere.
Quella della vittima NON PUO’ essere la misura dello stare al mondo di una donna. Naturalmente abbiamo il dovere di DIFENDERE LE VITTIME ma per difenderle, dobbiamo invece costruire un’immagine della donna che esca dal clichè della vittima.
La violenza si sconfigge attraverso messaggi positivi, attraverso una immagine diversa delle donne. Per molti, limitarsi a parlare di VITTIME INDIFESE è un modo per lasciare le cose come stanno.
E’ SOLO UN PUNTO DI PARTENZA. UNA VERA politica in favore delle donne è un’altra cosa. Dobbiamo fare altro e in fretta.
E allora, chiudiamo in fretta questo capitolo e andiamo ad occuparci di come costruire una società anche a misura delle donne. Dove noi donne stiamo a mani piene sulla scena pubblica, e Non a mani vuote, COME soggetti da risarcire. La politica e la società hanno bisogno di quello che noi sappiamo dare.
Caro Ministro, care colleghe, questo è il nostro compito in questo momento storico. Vi chiedo quindi uno sforzo, uno scarto per POTER INCORAGGIARE le giovani donne col racconto della grandezza delle altre donne, non col racconto delle violenze e dei soprusi subiti. Non con lo stereotipato racconto delle nostre antiche debolezze. Perché alle nostre figlie non dobbiamo creare ripari, ma DARE forza. Perché di tanta forza e di coraggio e fierezza di sé avranno bisogno. Dobbiamo formare generazioni di donne in grado di non essere più complici di uomini violenti. Potranno farlo SOLO con LA FORZA e il coraggio di immaginarsi padrone delle proprie esistenze. NON CON LA DEBOLEZZA DELLE VITTIME.
SOLO COSI’ avremo assolto al nostro compito. Al compito di questa generazione. Sarà una società migliore per tutte e tutti, perché una società dove vivono bene le donne è una società migliore per tutti.
E a mani piene avremo contribuito a cambiare il mondo.

Paola Concia

Paola Concia

Abruzzese di nascita, mi sono laureata presso La Facoltà di Scienze Motorie de L'Aquila. Il mio impegno in politica ha avuto inizio negli anni ottanta nel Partito Comunista Italiano, poi nei Democratici di Sinistra e in seguito nel Pd, di cui attualmente sono membro della Direzione Nazionale.

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