Questo incontro verrà trasmesso da Radio Radicale e lo troverete su You Dem in versione ridotta. Ringraziamo entrambi di questo. Con il mio ufficio pubblicheremo immediatamente gli atti dei lavori.
Ringrazio tutti voi che avete raccolto il nostro invito a questo confronto su come oggi i mass media comunicano l’orientamento sessuale in Italia. Questa iniziativa nasce dall’esigenza mia e di tanti gay, lesbiche e trans di confrontarci con gli addetti ai lavori su come veniamo raccontati: dai giornali, fiction, televisioni, cinema.
PERCHÉ, SE LO SPAZIO PER RACCONTARCI OGGI È CRESCIUTO, QUANTO QUESTO RACCONTO RISPECCHIA LA REALTÀ?
Non vorrei che qui ci si limitasse a una lezioncina sul politicamente corretto. Non sarà così. Vorrei che oggi provassimo a fare tutti uno sforzo di comprensione reciproca. UN ESERCIZIO PER ANDARE OLTRE GLI STEREOTIPI, LE SEMPLIFICAZIONI, LE IDEOLOGIE, OLTRE GLI AUTOMATISMI DELLE DUE PARTI, DEL POPOLO LGBT E DEI MEDIA. Oltre la pigrizia con cui a volte si usano le parole. Per guardare la vita dei gay lesbiche e trans italiani con occhi più puliti, più liberi.
Questo incontro si chiama Le parole per dirlo. Perché è delle parole che abbiamo bisogno tutti,
Voi per descrivere la realtà , noi per definirci, ed essere definiti, con parole che raccontino anche la nostra verità . Da qui passa il riconoscimento sociale dell’omosessualità . Dal racconto della dignità e della verità delle nostre vite. E da qui passa anche la correttezza e la professionalità dell’informazione.
Abbiamo chiesto interventi e contributi a giornalisti, sceneggiatori, registi, pubblicitari, docenti universitari, alle persone che appunto nel loro lavoro scelgono le parole che raccontano la vita di gay, lesbiche, transessuali, bisessuali.
Fino a non molti anni fa, su alcuni giornali, in alcune tv, la parola pederasta era equivalente a omosessuale; l’omosessualità arrivava in comunicazione solo nella cronaca nera ed era confinata nell’area semantica che va da “torbido†“morbosoâ€, “oscuro†a “devianzaâ€, “vizioâ€, “peccatoâ€.
Per marcare bene la distanza tra il mondo per bene e quello diverso, anormale, perverso dell’omosessualità .
Non è più così, lo sappiamo, o meglio non è più solo così poiché sacche di pessima informazione esistono ancora.
Ma qui oggi vogliamo guardare anche ai passi da gigante che sono stati fatti in avanti. Oggi in tv vediamo fiction in cui due donne si dichiararono il loro amore, o una trasmissione sull’omogenitorialità ben fatta in seconda serata. E un film come Brokeback Mountain, la storia omosessuale tra due cowboy, vince al festival di Venezia. E ancora, ci sono canali televisivi, agenzie di stampa, portali che investono milioni di parole sulle tematiche gay, lesbiche, transessuali.
E le bellissime le immagini del matrimonio tra Ellen De Generis e Portia De Rossi, si sono viste anche in Italia, anche se dobbiamo ricordare che sono donne di spettacolo, americane, ricche, potenti e famose, e ai ricchi e famosi da sempre si perdona molto.
PERÒ NON BASTA. La realtà è oggetto dell’informazione e ispira le fiction, ma da esse è, allo stesso tempo, profondamente influenzata. Ecco perché è così importante riconoscere gli stereotipi, le falsità . Ancora oggi si leggono interviste e articoli in cui si cita l’omosessualità come una malattia da cui si può guarire: e via, tutti a caccia del malato guarito che adesso si è sposato. Anche i migliori autori e i produttori sono convinti che per fare breccia nei cuori dell’ascoltatore medio la storia d’amore omosessuale deve essere sfortunata, ostacolata, disgraziata, soprattutto se tra donne.
E il gay continua ad essere dipinto secondo il clichè dell’ artista, sensibile delicato e con tanto buongusto…mentre i gay vincono le medaglie d’oro alle olimpiadi.
E ancora oggi leggiamo che un omicidio è “maturato in ambienti gay†e ci chiediamo che vorrà dire, come li immaginano questi ambienti, arredati di rosa? … E quale sarebbe allora l’ambiente in cui è maturato l’omicidio di Meredith? Il “torbido†ambiente eterosessuale? Avrebbe forse senso definirlo così?
E veniamo a un evento che viene coperto con puntualità dai media. Il Gay Pride. Un evento davvero trasversale che viene però raccontato salvo rari casi appiattendolo sulla dimensione dell’eccentricità e dell’esibizionismo. Io non ho nulla in contrario ai lustrini e alle piume. SIA CHIARO. Penso che il cotè carnevalesco del Gay Pride, l’ostentazione di una diversità ludica, colorata, esagerata sia un pezzo importantissimo della storia del movimento lgbt. Ma nel gay pride sfila in realtà un popolo multiforme: avvocati, operai, medici e fruttivendoli, il vicino di casa, il vicino di ombrellone omosessuali o transessuali.
Perché questo non passa mai nella comunicazione?
Perché i lustrini rassicurano i benpensanti: rafforzano lo stereotipo eccentrico, lontanissimo dalle persone considerate normali.
Nella realtà , noi sappiamo che omosessuale può essere chiunque, è una condizione umana che ci può capitare nella vita in qualsiasi momento. Può succedere a me, a te, a mia moglie a mio marito a mio fratello a mia sorella a mia madre a mio padre. Difficilissimo da accettare. Meglio pensare che non ci succedera’ mai, che gli omosessuali sono diversi, sempre nudi coi lustrini appunto, e perciò è più facile riconoscerli e tenersene lontani.
Quest’anno dal camion dell’organizzazione del gay pride un padre raccontava che un tempo per lui omosessualità voleva dire vizio e peccato, ma che oggi era lì con suo figlio, orgoglioso di essere padre di un gay. VOI LO AVETE VISTO AI TG?
Tutto dovrebbe essere raccontato: I Lustrini E Il Giovane O La Giovane Della Porta Accanto.
Questo è il gaypride, un giorno in cui si può andare in piazza mano nella mano, darsi un bacio in pubblico come chiunque. E ognuno può dire “io non ho pauraâ€, non ho paura di urtare la suscettibilità di qualcuno o di incontrare una testa calda che può picchiarmi. UN PAESE CIVILE DOVE OGNI GIORNO NON AVERE PAURA, È UN PAESE DOVE L’INFORMAZIONE SULL’ORIENTAMENTO SESSUALE NON SIA LEGATA SOLO AI FATTI DI CRONACA NERA, NÉ ALLE BOTTE PRESE PER STRADA, AGLI ASSALTI ALLE SEDI DELL’ARCIGAY, MA ABBIA IL CORAGGIO DI ANDARE OLTRE.
Credo, però, che nello stesso tempo tutti dobbiamo avere il coraggio di andare oltre. L’estate scorsa ho partecipato al Gay Pride di Colonia, è il più grande della Germania. C’erano 500.000 persone. Una festa bellissima che ha coinvolto tutta la città . Sul palco dove sono stata invitata c’erano tutti i Partiti. Gli organizzatori del Pride, avevano distribuito all’interno del Programma, un regolamento: dieci buone regole su come si sfila al Pride. Repressivi? Bacchettoni? Conservatori? I soliti tedeschi?
No, mi hanno risposto: noi siamo cittadini come tutti gli altri, abbiamo leggi di tutela e di pari opportunità . Anche noi dobbiamo rispettare gli altri. E’ QUESTO QUELLO CHE PRODUCE UNO STATO CHE RICONOSCE I DIRITTI DI TUTTI, IN CUI TUTTI SI SENTONO CITTADINI DI SERIE A. Produce rispetto reciproco.
Viviamo un momento politico in cui la complessità è considerata una perdita di tempo.
PER ME, E PER MOLTI ALTRI, È LA SEMPLIFICAZIONE AD ESSERE UNA PERDITA. UNA PERDITA DI SENSO.
Le parole non sono neutre, perciò non è un cavillare quello di Vladimir Luxuria, che all’isola dei famosi ha tenuto una lezione spiegando che si dice gay e non frocio. Quanti sono quelli che dicono un cordiale “omosessuale†in pubblico e poi un velenoso “frocio†in privato? Daniele Scalise che qui parlerà con noi ha tenuto una rubrica sul foglio intitolata “Froci†e ci spiegherà perché ha usato questo termine.
Se è vero che le parole definiscono le cose, ma anche le persone e i sentimenti, allora delle parole dobbiamo avere cura. Siamo qui per questo. PERCHÉ LE PERSONE AUTOREVOLI OGGI IN QUESTA SALA METTANO IN MOTO UN CIRCOLO VIRTUOSO CHE PRODUCA NUOVI SGUARDI E NUOVE PAROLE SULLE TANTE VITE DI GAY LESBICHE E TRANSESSUALI ITALIANI.
GRAZIE.