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UN TRANQUILLO WEEK-END DI PAURA
di Anna Paola Concia- deputata PD -relatrice della legge contro l’omofobia
Cena di fine estate con amiche a discutere dell’Italia, delle donne, della violenza omofoba che “rigurgita†sempre. Del clima pesante che si respira. Un clima da paese assediato che sembra aver paura di tutto e di tutti. Paura degli immigrati, degli omosessuali, di chi rivendica la libertà di stampa o un posto di lavoro. Chi viene definito minoranza oggi si sente straniero in terra propria. Le mie amiche mi dicono di stare attenta, perché oggi sono così esposta. Rispondo che no, alla paura non bisogna dargliela vinta, che noi donne tante volte siamo state intimidite dai rigurgiti di violenza sessuale anche nell’ultimo anno. La risposta deve essere esattamente contraria. Uscire allo scoperto dimostrare che questo paese ci appartiene. Vale per le donne come per gli omosessuali. Mentre a cena continuavamo a discutere è arrivata una telefonata: hanno messo una bomba carta alla Gay Street, devi correre. Lì c’era la polizia, c’erano i segni della bomba carta, ma soprattutto c’erano gli occhi sconcertati dei gay, delle lesbiche e dei transessuali. Occhi pieni di paura e di rabbia. Una rabbia che ormai non si può contenere, insieme alla voglia di reagire. Ma oggi è il arrivato il momento di non essere più solo noi, omosessuali e transessuali a reagire. Ci vuole una grande risposta collettiva da parte di coloro che sanno che la nostra è una battaglia che riguarda tutti, è una battaglia per affermare i diritti di cittadinanza. Perché di questo noi non siamo altro che una cartina al tornasole. La violenza omofoba è figlia della paura del diverso che si è insidiata dentro questo paese come una malattia e che va guarita innanzitutto con una risposta legislativa ormai imminente, ma anche su altri piani. A partire da quello della tessitura di un discorso pubblico forte su ciò che ci tiene insieme, tutti. Sinistra e destra, oserei dire. Su quali siano i principi irrinunciabili per fare dell’Italia un paese civile. Su quale idea di società . E’ un compito alto, figlio di una politica alta. Ci vuole coraggio e la voglia di uscire da questo torpore.