Che cosa ne pensano i candidati del bacio gay?

Che cosa ne pensano i candidati del bacio gay?

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di Andrea Benedino e Anna Paola Concia
Nel giorno in cui apprendiamo dalle agenzie che per la Corte di Cassazione «l’omosessualità è espressione del diritto alla realizzazione della propria personalità» e che per i carabinieri di Roma un bacio gay tra due ragazzi davanti al Colosseo costituisce motivo per arrestarli, ci viene da interrogarci su quale impatto avrà tutta questa discussione nella prossima campagna per le primarie del Partito democratico.
Già, perché a leggere le prime dichiarazioni ufficiali dei principali candidati alla segreteria del Pd ci sarebbe da restare piacevolmente sorpresi, se non stupefatti: da «compromesso storico bonsai» come veniva definito fino a qualche tempo fa, il Pd che si va costruendo in queste settimane parrebbe essersi tramutato addirittura in un partito liberal. Basti guardare alla metamorfosi subita nelle ultime settimane dall’unica candidata segretaria, Rosy Bindi: la ricordavamo impegnata a tenere fuori dai cancelli della Conferenza sulla Famiglia le coppie omosessuali e a rassicurare le gerarchie ecclesiastiche che i suoi arzigogolati Dico (quelli della famosa raccomandata) erano l’unica tra le proposte in campo a rispettare fino in fondo i dettami dei dell’ortodossia cattolica, in quanto i soli che distinguevano bene i diritti delle persone da quelli delle «famiglie previste dalla nostra Costituzione». Da qualche settimana, invece, Rosy la pasionaria sembra essersi trasformata in una coraggiosa femminista paladina della laicità, tanto che numerose donne laiche di sinistra paiono averla scelta come “nuova Zapatera”, mettendo da parte le sue posizioni più scomode e ideologiche che tanti danni hanno recato al centrosinistra in questi primi mesi di governo.
Passiamo al giovane Letta, forse il più liberal tra tutti, almeno a parole: nel suo famoso video con cui ha annunciato la sua discesa in campo, egli ha solennemente affermato un concetto che personalmente andiamo ribadendo da anni, inascoltati. Dice Letta: «Vorrei che il Partito democratico riconquistasse la parola libertà. Libertà è una parola fondamentale nella vita di un uomo (aggiungiamo noi: e perché no di una donna?, ndr) ed è una parola fondamentale dei democratici. È la parola che è stata scippata, è la parola che è stata cambiata». Se si restasse su un piano prettamente lessicale, gli arditi potrebbero azzardare un paragone con il comunicato attraverso cui Franco Grillini e Alessandro Cecchi Paone hanno annunciato ieri la costituzione del “Forum delle libertà” nell’ambito della costituente socialista, affermando che il loro scopo «è quello di restituire alla sinistra l’uso pieno e il significato vero della parola libertà, contestando alla destra l’imbroglio della “Casa delle libertà”». Ma il paragone regge solo fino a quando si vede che nel suo video il giovane Letta riesce a declinare la parola «libertà» solo come «libertà di fare figli» che sarebbe a suo dire negata nel nostro paese, tralasciando ogni riferimento alle libertà individuali e ai diritti civili di cittadinanza. Sarebbe interessante sapere che cosa ne pensa, per esempio, a proposito della libertà di amare, o della libertà di ogni persona di costruire la propria famiglia, indipendentemente dagli orientamenti sessuali. Ma siamo certi che il coraggioso Enrico saprà prima di ottobre pronunciare parole liberal anche su questi temi, o quanto meno ce lo auguriamo.
Per finire, e ci scusiamo per il fatto di trascurare i candidati minori, veniamo a Wonder Walter, il quale pare aver finalmente sdoganato nella politica italiana il pensiero di Richard Florida. Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando, Florida è quel sociologo americano che ritiene che le società più sviluppate siano quelle che sanno investire nella cosiddetta «classe creativa», e a tal fine ha suggerito la famosa ricetta delle «tre T»: talenti, tecnologie e tolleranza (quest’ultima intesa non nel senso cattolico di misericordia, ma nel suo significato americano di tolerance, che è più vicino a un concetto come quello di «accettazione delle diversità»).
Veltroni domenica scorsa sul Sole-24Ore ha scritto un articolo molto hard in proposito, facendo sua la ricetta di Florida e addirittura proponendo un «piano per sostenere la classe creativa». Peccato che poi nell’articolo si concentri soprattutto sulla parte relativa al sostegno alla ricerca e all’investimento nei talenti, trascurando le tecnologie e la tolerance, e che abbia ricevuto pure le critiche di Irene Tinagli, la collaboratrice italiana di Florida, che sulla Stampa ha affermato che «per quanto graziosa e accattivante possa essere la nozione di “classe creativa”, occorre resistere alla tentazione di dipingerla come un’allegra comitiva in cerca di svago e buone chiacchiere».
Essendo tra coloro che hanno passato gli ultimi tre anni a rompere le scatole a tutti i nostri compagni di partito pubblicizzando gli studi di Richard Florida, ci teniamo a rimarcare che le «tre T» vanno necessariamente tenute assieme, altrimenti stiamo parlando di qualcos’altro, di una sorta di “Richard Florida à la carte” o peggio ancora di un “Richard Florida de noantri”.
Non è un caso che il principale indicatore della tolerance individuato da Florida per analizzare un territorio sia proprio il livello di accettazione sociale dell’omosessualità. Ecco perché non siamo fuori tema quando ci riferiamo all’episodio dell’arresto dei due ragazzi che si baciavano davanti al Colosseo. Anzi, invitiamo Veltroni, di cui come è noto siamo convinti sostenitori, ad andare fino in fondo nel suo sostegno alle tesi di Florida e a usarle per far passare quelle riforme, come quella sulle unioni civili, bloccate in Italia da anacronistici veti illiberali. Perché, cari candidati, il 14 ottobre vorremmo giudicarvi anche sulla base dell’idea di paese che ci proponete, di quale tipo di società vi immaginate. E non sarà secondario se in quella società potranno o meno trovare posto anche i cittadini omosessuali e i loro diritti.
Portavoce nazionali Gayleft, consulta lgbt Ds

Paola Concia

Paola Concia

Abruzzese di nascita, mi sono laureata presso La Facoltà di Scienze Motorie de L'Aquila. Il mio impegno in politica ha avuto inizio negli anni ottanta nel Partito Comunista Italiano, poi nei Democratici di Sinistra e in seguito nel Pd, di cui attualmente sono membro della Direzione Nazionale.

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